Facciamo un salto al Polo Nord

Anno 2002. Una telefonata di Marcello: “La settimana prossima sono in Norvegia per un congresso. Perche’ non mi raggiungi? Affittiamo una macchina, andiamo verso su e magari facciamo un salto fino a Capo Nord”. Rispondo scherzando: “Facciamo un salto anche al Polo Nord?”. Ma non era uno scherzo. Lo volevo fare sul serio. Ci pensavo da tempo. Si associa subito anche Lucina.

Ok, partiamo in tre. Nulla di organizzato. Si va all’avventura.

Il volo spettacolare da Tromso a Longyearbyen, nelle isole Svalbard, ti immerge in una visione lunare: ghiacci, crateri e nuvole basse.

Si, nuvole a contatto col terreno: non capivo come, ma il grande freddo creava nuvole che poi ho visto da vicino ed ho attraversato con la motoslitta.

Longyearbyen: un centinaio di case circondate da ghiacci ed un piccolo aeroporto, su cui atterrare ti da’ da pensare: “Ma come fa a fermarsi l’aereo… e’ tutto ghiacciato…”. Eppure si ferma: la pista e’ riscaldata e la neve e’ mantenuta soffice.

Un cartello mi avvisa di fare attenzione alle motoslitte sulla strada. Motoslitte sulla strada… Traffico? Veramente non vedo nessuno. Tutto mi comincia ad incuriosire.

Ma dove sono finito? Beh, sulla calotta glaciale artica. Benvenuto a -30 gradi! Strani cartelli nel rifugio:”Attenzione: non esporre parti scoperte del corpo quando si alza il vento polare”.

Per il momento capisco poco questi avvisi. Decido di fare un giretto in attesa di cena.

Longyearbyen… una sola strada che viene dall’aeroporto e che attraversa il centro abitato. In un breve tratto ci sono delle strutture in legno con i negozi.

Entro nel primo che capita e passo da una prima stanza completamente vuota con scaffalature per poggiare scarponi innevati e vestiario. Tolgo gli scarponi e provo ad entrare nella seconda stanza. Non si puo’: l’aria calda mi investe subito. Torno nella prima stanza e tolgo un po’ di vestiti. All’interno del negozio ci sono +20 gradi e stanno tutti in maniche corte, ma venendo da fuori hai uno sbalzo termico istantaneo tra i 40 ed i 50 gradi.

Mi fermo un attimo per acclimatarmi e comincio a sbirciare tra pelli di orso, scarpe di pelliccia, coltelli e cibo vario tra cui formaggi che sembrano particolarmente invitanti. Devo assaggiarli. Molto buoni.

Per uscire dal negozio devi rivestirti di tutto punto, coprendoti bene, perche’ adesso ti sei abituato al caldo e torni di nuovo a temperature da congelatore.

Entrare in un secondo negozio comporta di nuovo l’iter della svestizione. Cosi’ ogni volta che vai al chiuso ma adesso lo sai e sei piu’ preparato agli shock termici.

Per la strada molte mountain bike lasciate per terra: evidentemente e’ il mezzo piu’ usato per muoversi a fare le compere.

Ma certo non ti aspetti di trovare una motoslitta con passeggino per bambini attaccato dietro.

Una capanna mi incuriosisce particolarmente. E’ un centro per la cura della depressione. Chiedo informazioni. Mi spiegano che i sei mesi di buio creano depressione nelle persone che vivono li’ in continuita’. In realta’ i norvegesi che vivono li’ per lavoro vengono periodicamente fatti ruotare dopo qualche mese proprio perche’ le condizioni di vita creano problemi. Soprattutto la mancanza di luce induce appunto la depressione e va curata subito.

In pratica nel centro di cura i soggetti entrano in una stanza nella quale vengono investiti da colpi di luce fortissima. E cosi’ si guarisce. Non l’avrei mai pensato.

Torno al rifugio, una cena con carne di renna e per stasera vado a dormire. Peccato che e’ mezzanotte e c’e’ pieno sole. Eh gia’ da pochi giorni siamo entrati nei sei mesi in cui il sole non tramonta mai.

Comunque domani sara’ una giornata impegnativa, tiro le tende e faccio finta che sia notte.

wpChatIcon
wpChatIcon