In giro sulla calotta glaciale artica

Ci alziamo presto. Si comincia la giornata andando a cercare una guida e una motoslitta da affittare. La guida subito dice che il mio abbigliamento (adatto a stare in montagna anche sopra i 4000 metri) non va bene per niente: qui solo tute termiche.

Non sta scherzando: sulla motoslitta in movimento si raggiungono i -80 gradi ed il corpo congela. Una mano esposta a questa temperatura cristallizza, si spezza e si stacca con un piccolo urto.

Ok mi ha convinto. E allora tuta termica a sigillatura totale, stivali e guanti monodito di spessore incredibile, passamontagna di lana dello spessore di un dito, cappello imbottito di pelliccia, occhiali scuri e sopra occhiali sigillanti con filtro all’ultravioletto. Praticamente l’omino della Michelin!!!! (chi ha qualche anno come me sa di cosa parlo). Ma combinato cosi’ come faccio a guidare una motoslitta?

Guidare una motoslitta? Sembra facile! No non lo e’. Allora qualche ora di scuola guida per capire come fare: funziona come con gli sci. Se sei su un pendio per girare non basta girare il manubrio, ti devi anche buttare sul fianco e far gravare il peso sul lato interno alla curva. Cosi’ giri, ma se sbagli cominci a scivolare trasversalmente per il pendio.

Si parte per il primo attraversamento della calotta polare. In fila indiana io, i miei due amici, un piccolo gruppo di norvegesi e due guide (una in testa ed una in coda).

“Le bussole non servono a niente. Ai poli impazziscono”. Solo GPS.

Davanti a noi una distesa sconfinata di ghiacci, il sole li taglia ad angolazioni diverse e tutto assume colori che vanno dal rosa, al verde smeraldo. all’azzurro intenso. E si vede anche un arcobaleno col suo semicerchio completo. Uno spettacolo!

Acceleri sulla motoslitta ma ti dispiace. Vorresti fermarti a guardare e guardare e guardare….

Ma poco dopo un problema inaspettato: saliamo su una lieve collina ed entriamo in una nuvola: la luce diventa abbagliante ed insostenibile. E abbiamo due paia di occhiali. Ma non bastano. Dobbiamo fermarci un attimo a far riposare gli occhi.

In queste condizioni di luce camminare in fila indiana diventa difficilissimo: la nebbia fittissima della nuvola non ti consente di vedere la motoslitta davanti a te anche se e’ vicinissima ed ha le luci di posizione accese. Puoi solo seguire per terra le tracce dei cingoli lasciate sulla neve… peccato che non si riesce a fare neanche questo.

La luce abbagliante del bianco polare crea un problema agli occhi che non riescono piu’ a distinguere le ombre e quindi le tracce dei cingoli non sono piu’ visibili sul ghiaccio. Tutto diventa bianco piatto.

Dobbiamo assolutamente fermarci per far riposare gli occhi, e lo dovremo fare spesso durante il tragitto.

Ne approfitto per dare un’occhiata al carrello che la prima guida sta trainando da quando siamo partiti.

Cosa sono queste cose? Grandi sacche, valigie metalliche, bidoni termici, corde, una tenda, dei fucili.

“Mentre siamo in giro potrebbe alzarsi il vento polare. In questo caso se non riusciamo a raggiungere i piccoli rifugi sparsi sul percorso dobbiamo montare la tenda di emergenza per ripararci. C’e’ anche roba da mangiare. Le armi servono per difendersi dagli orsi. A proposito se vedete un orso a distanza non andate in quella direzione con la motoslitta. Non potreste scappare. L’orso vi raggiungerebbe perche’ si lancia sui cuscinetti che ha sotto le zampe e raggiunge velocita’ superiori a quelle di una motoslitta”.

Sto imparando velocemente tante cose ma sto anche capendo che qui la natura puo’ mettere in seria difficolta’ l’uomo impreparato.

Si riparte. Conservo la macchina fotografica dentro la tuta termica a contatto col mio corpo per evitare che il freddo ne congeli i delicati ingranaggi dell’obiettivo.

Andiamo a trovare nella piccola localita’ di Barentsburg una comunita’ di minatori russi che lavorano nelle miniere di carbone al Polo Nord.

Sono minatori che vengono dalla Siberia. Solo loro possono resistere a queste temperature.

In prossimita’ del gruppo di case della comunita’ le strade sono sempre piu’ nere: e’ la neve mista a polvere di carbone lasciata dai mezzi di trasporto. Non avevo mai visto la neve nera e neanche avevo mai immaginato che potesse esistere.

La comunita’ ci accoglie con grande simpatia e ci invitano a pranzare con loro. Accettiamo. E’ un’occasione unica. Non potra’ capitare mai piu’.

Uno di loro mi chiede da dove vengo:”Italia… Sicilia”. “Ah Sicilia… sole… fiori… Ma cosa sei venuto a fare qui?”

Difficile spiegare la mia voglia di conoscere il mondo, anche perche’ il mio ed il loro inglese non sono dei migliori. Ma non importa, in qualche modo si comunica e sicuramente siamo contenti noi per l’incredibile esperienza e sono contenti loro per aver spezzato la monotonia di un lavoro in un posto del mondo lontano da tutto e da tutti.

Mi colpiscono gli oggetti tipici della cultura russa: le matrioske, i samovar, le icone religiose. Eppure siamo in territorio norvegese.

Un giro all’esterno e vediamo una grande scuola dove vanno solo 10 ragazzi ed un teatro dove periodicamente artisti russi e norvegesi vanno a tenere qualche spettacolo per la comunita’. Uno spettacolo qui… incredibile! Ci vogliono ore di motoslitta per arrivare fin qui. Una piccola comunita’ e tanto tanto ghiaccio da affrontare.

Ci abbracciamo. E’ ora di andar via. Ci rivestiamo con tutti i nostri strati protettivi e di nuovo a cavallo alle motoslitte.

Sto guidando sui ghiacci ma la mia mente va ancora ai minatori russi. Che vita difficile, ogni giorno una prova di resistenza al freddo, alla fatica, all’isolamento.

Ogni tanto qualche pausa, ma adesso la stanchezza si fa sentire: sono circa 8 ore che viaggiamo e le vibrazioni dei cingoli sui ghiacci si cominciano a sentire sulla schiena. Rientriamo al rifugio.

Domani mi aspettano i cani da slitta. Tiro le tende e cosi’ e’ di nuovo notte.

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