Alla ricerca delle etnie

Anno 2012. Sono stanco di fare i soliti viaggi fatti di storia e di arte. Voglio vedere qualcosa di diverso, di molto diverso.

Ho letto che in Etiopia esiste una valle, la valle del fiume Omo, che accoglie diverse etnie dove il mondo si e’ fermato a livelli primitivi, dove la lotta per la conquista del territorio accanto al fiume esiste ancora. Conquistare l’accesso all’acqua per poter sopravvivere.

Una zona di vita terrestre lontano da tutto e da tutti.

Prendo contatti col mio tour operator. “Abbiamo la possibilita’ di farla andare nella valle dell’Omo, ma guardi che non e’ un viaggio facile. E’ un viaggio individuale con una jeep, un autista ed una guida. Non ci sono molte comodita’, bisogna un po’ arrangiarsi. Queste zone non sono organizzate per i turisti e a volte non sono neanche facilmente raggiungibili”.

Trovo questo discorso estremamente allettante e parto. Non saro’ solo, viene con me il mio amico dei grandi viaggi, Marcello.

Sappiamo gia’ che andremo incontro ad una esperienza di viaggio speciale.

Arrivo ad Addis Abeba ma non sono qui per vedere le citta’. Pero’ l’impatto con un Paese senza risorse e’ immediato. Le strade laterali non sono neanche asfaltate. Su quella principale vedo file di motocarri a 3 ruote (in realta’ sono piccoli taxi), camion e pullman sgangherati.

La percorriamo ed usciamo fuori citta’: e’ un continuo incontrare gente a piedi o con i muli che trasporta merci: stanno portando il loro piccolo raccolto da vendere al mercato con sacchi e ceste, ma c’e’ un particolare che mi colpisce. Il mercato e’ molto distante e questa gente camminera’ per circa 30 chilometri ad andare e tornare per poter scambiare la loro merce con qualcos’altro da mangiare. E ci sono intere famiglie, tutti trasportano qualcosa, anche ragazzi e bambini.

I bambini, quanti bambini, ovunque. Ti guardano tutti con degli occhioni grandi, stupendi. So che la razza etiope e’ una delle piu’ belle che esistono e lo sto vedendo subito; qui ragazzi e ragazze hanno dei lineamenti bellissimi.

Ogni volta che facciamo una sosta e scendiamo dalla jeep ci ritroviamo attorno frotte di bambini di tutte le eta’, tutti mi dicono qualcosa ma non li capisco. Sorridono tutti, questo e’ molto bello. La poverta’ ed i grandi disagi non riescono a togliere i sorrisi dai loro visi. Non hanno nulla oltre il proprio vestito sgualcito e qualcuno non ha neanche le scarpe.

I nostri figli non capiscono la fortuna che hanno avuto a nascere nel benessere. Bisognerebbe portarli qui a vedere cosa significa non avere nulla.

Le strade non asfaltate rompono la schiena e la jeep non e’ proprio comodissima. Ci fermiamo per una pausa in un villaggio per la strada. Poche capanne di fango trattenuto da canne e tetti di paglia.

Anche qui i bambini mi accolgono, mi tirano per mano dentro la loro casa: una stanza circolare in terra battuta con delle stuoie per terra, non vedo letti ma tanto fumo. Sul fuoco al centro sta cuocendo qualcosa, probabilmente il sorgo, un cereale che qui usano come alimento principale.

Troppo fumo, non riesco neanche a respirare, il foro in alto sul tetto non e’ sufficiente: ma lì poi ci dormono, tutti insieme, per terra. Sono in tanti ma non riesco neanche a contare quanti siano.

Dopo una giornata di viaggio arriviamo sul lago Langano. Abbiamo fatto solo 200 chilometri dalla capitale, pero’ i percorsi su terra battuta adesso si sentono tutti. La casetta dove dormire e’ semplice ma carina. Tetti di legno e paglia naturalmente.

E la vegetazione attorno e’ bellissima, costituita in gran parte da piante grasse e da alberi dalla grande chioma che si estende in larghezza, alberi tipici dei tramonti africani. E qui i tramonti sono assolutamente spettacolari.

Alcuni uccelli si sono incuriositi e stanno li’ a guardare i miei movimenti. Non scappano. Non hanno paura perche’ qui l’uomo ha grande rispetto della natura.

E’ sera, domani mi spostero’ nella famosa Valle dell’Omo. Comincera’ la vera avventura alla ricerca delle etnie. Sono emozionato. Chissa’ cosa riusciro’ a vedere….

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