L’etnia degli Hamer

Durante il tragitto con la jeep la guida riceve una telefonata (qui c’e’ campo, molto strano, deve esserci vicino un ripetitore da qualche parte). “Siete fortunati. Oggi ci sara’ la possibilita’ di vedere un matrimonio all’interno della comunita’ Hamer. Potrete vedere il salto del toro. Non e’ facile che capiti. Saremo impegnati per tutta la giornata”.

Sono contento in ogni caso, anche se non ho la piu’ pallida idea di cosa sia il salto del toro. Mai sentito parlare.

La guida fa altre telefonate per cercare di capire dove avverra’ il matrimonio. Normalmente viene scelto un tratto di terreno completamente isolato. Si ma dove? Qui e’ ovunque completamente isolato. Vaghiamo un po’ per le campagne ma pare che adesso abbia le indicazioni corrette.

Facciamo un tratto in auto e poi si comincia a camminare a piedi in mezzo alla vegetazione in aperta campagna. Non c’e’ nessun sentiero, ma un indigeno che abbiamo incontrato ci sta conducendo da qualche parte. Camminiamo per un lungo tratto sotto il sole. Fa un gran caldo e non vediamo nessuno. Poi finalmente qualcuno: due penne d’uccello sulla testa, una grande collana e pendenti di perline alle orecchie. Coperto di pelli. Sara’ questo il vestito della festa?

Ci accompagna ancora piu’ avanti, finche’ arriviamo in uno spiazzo dove l’intera comunita’ e’ in fermento.

Un gruppo di donne con delle trombette e dei sonagli legati ai polpacci accennano dei passi di danza ritmata. Tutte hanno i capelli con treccine impastate di burro, polvere di ferro ed argilla rossa. Vestite di pelli, ma sempre con la schiena scoperta. Piena di ferite sanguinanti!!!! Non capisco. Moltissime hanno ferite fresche, ma quasi tutte comunque presentano sulla schiena anche profonde cicatrici gia’ rimarginate.

Alcuni uomini in un angolo decorano e truccano altri uomini con terre colorate. Hanno un abbigliamento simile all’uomo che ci ha incontrato all’inizio con le penne d’uccello in testa. Sono giovani guerrieri, i maz, che nel matrimonio hanno dei ruoli ben precisi. Uno di essi e’ quello di frustare alla schiena le ragazze che sono in eta’ di matrimonio.

In effetti in un angolo vicino ad un albero vedo alcune ragazze che vanno da questi giovani dando loro dei ramoscelli lunghi e flessibili. Sono le fruste. Le ragazze alzano un braccio e fanno un cenno ai giovani. E questi danno loro un severo colpo di frusta sulla schiena. Neanche una smorfia o un gemito. Le ragazze sono felici perche’ adesso che hanno le cicatrici sulla schiena saranno piu’ cercate e desiderate dagli uomini Hamer. E le celebrazioni dei matrimoni sono l’unica occasione nella quale potersi fare frustare. Bisogna approfittarne assolutamente.

Sono disorientato, tutto troppo lontano dalla mia mentalita’. E poi mi fa impressione vederle sanguinare sul serio. Ma nessuno ci fa caso, e’ normale, anzi per loro e’ importante che sia così. Cerco di entrare nella loro mentalita’ ma non e’ facile da capire ed accettare.

Finite tutte le operazioni di trucco, durate tutta laa mattinata, i giovani guerrieri e le donne che danzano si spostano in un’altra zona del terreno un po’ piu’ in alto e piu’ pianeggiante. Lì sono stati posizionati otto tori, che vengono tenuti dai giovani maz allineati uno a fianco all’altro, trattenendoli da un lato per la coda e dall’altra per le corna e talvolta … per la lingua. Si, per la lingua; viene a volte estratta fuori con corde e mani e tirata per orientare il toro restio.

Ma finora non ho visto gli sposi, dove saranno?

Le donne ricominciano a danzare con passo deciso e quasi marziale, in cerchio o avanti e indietro, mentre cantano e soffiano adesso piu’ forte dentro delle piccole trombette, accompagnate dal suono dei sonagli attaccati alle gambe. L’incedere delle donne non e’ certo aggraziato, segno che qui non regna tanto il ballo, ma il combattimento, perche’ qui bisogna difendere il territorio senza esclusione di genere.

D’altra parte questo e’ un popolo guerriero. Tutti, uomini e donne.

Vedo i giovani maz che attorniano un uomo mezzo rasato e completamente nudo che si avvicina ai tori: e’ lo sposo.

Attorno a lui altri uomini stanno concordando qualcosa: sono i suoi parenti assieme a quelli della sposa. In tanti sono come sempre armati anche se questa e’ in fondo una festa.

In pratica il salto del toro consiste in una prova di coraggio dello sposo che dovra’ mostrare la propria abilita’ nel saltare sulla schiena dei tori senza cadere. Puo’ provare fino a 4 volte ma se non riesce non si potra’ sposare per un altro anno. E se cade i parenti dello sposo hanno facolta’ di massacrarlo a legnate e deriderlo.

Inizia la prova. La macchina .fotografica e’ pronta. Siamo li’ vicini, ma non troppo. I tori non sono proprio tranquilli. Lo sposo fa un giro in mezzo ad essi, controllandone la pelle sulle schiene.

Lo sposo prende la rincorsa e salta sulla prima schiena, la seconda, cade. Riprova. Scivola al quarto toro. Riprova per altre due volte ed all’ultima arriva quasi, manca solo l’ultimo toro, ma non ce la fa. Cade.

Il matrimonio non si puo’ piu’ celebrare.

I parenti della sposa si riuniscono di lato in una animata discussione: per questa volta lo graziano. Hanno deciso: non lo massacreranno perche’ il salto dei tori era quasi riuscito.

In tutto questo comunque non ho mai visto la sposa e sono rimasto con la curiosita’ di sapere come fosse.

Subito i tori vengono liberati ed in poco tempo la spianata di terra resta deserta. La cerimonia e’ andata male.

Riprendiamo il cammino inverso tra gli arbusti accompagnati di nuovo da un maz, perche’ non e’ facile orientarsi per tornare alla jeep.

Non ce ne siamo neanche accorti ma abbiamo passato una intera giornata a vivere questa esperienza unica.

Il rientro e’ adornato da un tramonto fantastico. La Valle dell’Olmo ci da’ il suo saluto e riavvolge nei suoi segreti le etnie, tenendole lontane dalla civilta’.

Il viaggio in Etiopia non si esaurisce qui, ho visto anche le etnie degli Arbore, dei Konso, dei Borana e tante altre, tutte bellissime, tutte interessanti.

Ma per che cosa combattono tutte queste etnie guerriere? E contro chi?

Ci sarebbero infinite cose da raccontare, ma mi sono voluto soffermare piu’ che altro su un percorso che si addentrasse all’interno della Valle dell’Omo e che mostrasse poche etnie con le loro culture via via sempre meno contaminate dal mondo “civilizzato”.

Per farle conoscere, prima che l’uomo “civile” le travolga e le cancelli definitivamente. E l’uomo “civile” ci sta provando sul serio con la costruzione di una diga e di una centrale idroelettrica sul fiume Omo, che finira’ col togliere l’acqua alla vallata. Sparira’ ogni mezzo di sostentamento per tutte le etnie della vallata.

Ora capisco perche’ e contro chi combattono.

Senza parole.

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